2,501 total views, 1 views today
Investire nei paesi emergenti conviene? Diamo uno sguardo a questa specifica asset class
Molti investitori sono interessati ad investire nei Paesi Emergenti, attratti dal profilo rischio/rendimento offerto da questa specifica asset class.
Facciamo quindi una panoramica sugli Emerging Markets, così da approfondire il tema.
Cosa intendiamo intanto per EM? Vediamo di seguito la lista dei paesi classificati come tali, ad oggi, secondo gli indici MSCI:
- Argentina
- Brasile
- Cile
- Colombia
- Messico
- Perù
- Repubblica Ceca
- Egitto
- Grecia
- Ungaria
- Polonia
- Qatar
- Russia
- Arabia Saudita
- Sud Africa
- Turchia
- Emirati Arabi
- Cina
- India
- Indonesia
- Korea
- Malesia
- Pakistan
- Filippine
- Taiwan
- Thailandia

Questa invece la composizione geografica dell’indice MSCI Emerging Markets, con evidenziati i pesi dei singoli paesi inclusi nel paniere (al 31/12/2020):

Interessante osservare di seguito anche la composizione settoriale dell’indice azionario Paesi Emergenti, e la sua evoluzione nel corso del tempo:


Da segnalare, nel periodo preso in esame, la riduzione del peso degli energetici, passati da più del 15% a meno del 6%, e l’aumento del settore consumi discrezionali, passati da un 3% ad un 18%.
La tecnologia, anche qui, come per i paesi sviluppati, gode di un peso rilevante. Questa concentrazione è evidente osservando i primi 10 titoli che compongono l’indice degli Emerging Markets:

Si parla spesso di concentrazione all’interno del mercato azionario USA (dominato, come sappiamo, dai FAANG), ma anche qui notiamo come i primi 4 titoli cubino per il 23% dell’indice complessivo.
Confrontiamo ora la composizione settoriale dell’indice EM con quella dell’indice azionario USA S&P500, rappresentativo dei paesi sviluppati, ad evidenziarne le differenze:

Ora che abbiamo contestualizzato meglio l’area emergente, entriamo più nello specifico per quanto riguarda il lato investimenti. Come mai quest’asset class gode di così tanto “appeal”, agli occhi degli investitori?
Il fattore che colpisce maggiormente dei paesi emergenti è sicuramente il loro tasso di crescita e di sviluppo, che rende gli EM interessanti in un’ottica di lungo termine.
Consideriamo poi che, nonostante le economie emergenti contribuiscano per più della metà alla crescita del PIL globale, la loro presenza all’interno del mercato azionario globale è ancora limitata a meno di 1/5 della capitalizzazione complessiva. Se da una parte è pur vero che “Stock Market is Not the Economy” (il mercato non è l’economia), dall’altro è anche vero che il divario è così importante che merita qualche considerazione da parte degli investitori.

Al netto del percorso di crescita economica, quindi, delle economie emergenti, come si è tradotto il tutto in termini di performance maturate? Questo un riepilogo complessivo, regione per regione, dal 2005 al 30/06/2019:

Questi invece i numeri relativi al solo anno 2020:

Quello che traspare, osservando i dati, è che l’area emergente si presenta come particolarmente dinamica e volatile. Questo maggior rischio viene però sempre ripagato da un maggior rendimento? Se osserviamo l’andamento dell’indice MSCI Emerging Markets, a confronto con l’S&P500 americano, dal 2007 al 17/08/2020, vediamo come l’area emergente abbia in realtà generato meno valore, in questo arco temporale, rispetto agli USA.

Se poi ampliamo il ragionamento su più orizzonti temporali, ecco un confronto più completo fra azionario USA ed emergente:

Da qui appare evidente l’alternanza fra S&P500 ed EM, come mercato più performante, a sottolineare la ciclicità e la rotazione a cui sono soggetti i mercati stessi.
In sostanza, ogni arco temporale analizzato racconta un film diverso. In questo, ad esempio, i Paesi Emergenti hanno fatto molto meglio rispetto all’ S&P500:

A chiudere il cerchio, ecco un confronto anno su anno, fra i due mercati, dal 1995 al 2019:

Seppur parliamo di due aree d’investimento differenti, la correlazione fra loro resta comunque positiva, ed è pari allo 0,55. Spesso, quindi, dove tira una, finisce anche l’altra.
Completiamo il quadro mettendo ora a confronto l’area emergente con l’intero mercato sviluppato (così da non ragionare solo sull’ S&P500 americano). Questa una panoramica degli ultimi 10 anni:

Ora, divertiamoci con qualche simulazione.
Se avessimo investito annualmente 1.000 euro, dal 1995, sul mercato azionario USA, avremmo ottenuto, al 2019, un rendimento annuo del 10%, mentre se avessimo optato per i paesi emergenti, il ritorno annuo maturato sarebbe sceso al 5,9%.

Come si evince dal grafico, fino al 2013 l’area emergente ha di fatto sovraperformato, in termini di rendimenti, l’azionario USA, salvo poi rallentare il passo e sottoperformare quindi il mercato americano. Anche qui, possiamo osservare quindi la ciclicità dei mercati, fattore che ritorna anche nel seguente grafico, che ci mostra i rendimenti rolling a 5 anni del mkt azionario USA e di quello emergente a confronto (a tratti è stato più performante uno, a tratti è stato più performante l’altro):

E per quanto riguarda il 2020 appena trascorso? Come si è comportato l’indice azionario paesi emergenti rispetto ad un paniere azionario globale? E’ presto detto:
Indici Morningstar EM e Global Markets a confronto. Dati mensili (in euro)


L’indice Morningstar EM da 2020 (fino all’ 11 dicembre, calcolato in euro) ha guadagnato il 6,5% (+20,3% nel 2019). Il paniere Global invece ha segnato +4,7% (+28,6% nel 2019).
Un ultimo aspetto importante da considerare, quando si parla di Emerging Markets, è il fattore dollaro, la cui salita e discesa impatta sulle stesse economie emergenti, guidando una loro eventuale sovra o sotto-performance:

Possiamo riassumere quindi quanto fin qui descritto tramite questo grafico, che ripercorre lo storico complessivo, dal 1988 al 2021, dell’azionario Paesi Emergenti (dividendi esclusi), a confronto con i rispettivi drawdown:

Questo invece il quadro obbligazionario:

Per concludere, è bene considerare di allocare una quota nei paesi emergenti all’interno di una pianificazione che sia però già ben diversificata al suo interno. Questo sia perchè l’area emergente ci espone ad una volatilità importante, sia perchè, come abbiamo visto, non è detto che questo maggior rischio si traduca in automatico in maggior rendimento rispetto ad un investimento nei paesi sviluppati.
Questa presa di coscienza, sull’asset paesi emergenti, trova riscontro anche nei deflussi avvenuti sugli stessi nel corso del tempo, una volta appurata la maggior sensibilità di quest’area alle fasi di rallentamento economico, e ai rischi impliciti che ne derivano. Importante quindi maneggiare con cura:

L’impressione è che i flussi d’investimento sull’ area emergente seguano comunque le performance messe a segno dall’asset class. Si torna quindi a parlare di investitori attivi e investitori passivi:

E’ bene quindi inquadrare correttamente gli EM all’interno di un portafoglio d’investimento, senza farsi prendere la mano, e senza “improvvisarci” gestori, con l’intento di entrare ed uscire dal mercato, facendo market timing.
Ad approfondire:
Ultimo aggiornamento: 05/07/2022