Investire in Cina ha una sua logica, all’interno di un portafoglio ben diversificato? Approfondiamo insieme l’argomento
E’ corretto investire in Cina, all’interno di una logica di diversificazione di portafoglio?
Il tema è tornato decisamente attuale in questo periodo, soprattutto alla luce del recente drawdown che ha colpito il mercato azionario cinese:

Il calo ha riguardato soprattutto la componente tecnologica, colpita da una maggior regolamentazione introdotta dall’autorità governativa:

Tuttavia, la recente sottoperformance della Cina, rispetto all’azionario USA, non è nulla di nuovo, e riprende il tema stesso della ciclicità dei mercati. Mentre infatti nel periodo 2001-2007, la Cina ha sovraperformato la controparte americana, dal 2007 ad oggi, il trend si è poi invertito:

Questo cambio di direzione è stato così marcato da portare l’azionario Cina, in termini relativi rispetto al mercato americano, su livelli minimi:

Di fatto, la sovraperformance del mercato USA nei confronti di quello asiatico segna il passo già dal 2010 (mentre nella decade precedente è stata proprio l’Asia a fare meglio):

E gli investitori, come si sono mossi in questo scenario? Interessante osservare come i flussi in acquisto dei retail, nello specifico sull’ ETF dedicato all’internet cinese, siano stati rilevanti, nel corso di questa correzione:

Cosa accadrà ora?
Difficile come sempre lavorare in chiave previsionale, per quanto il recente sell-off sembra assumere ora dimensioni esasperate, sull’onda del panic-selling, ed amplificato probabilmente dello stesso short-selling operato dagli Hedge Funds, trade divenuto di consenso.
Certamente, ragionando sui dati economici, la Cina resta un tema chiave in ottica di lungo periodo, visto che parliamo di una paese comunque in forte crescita, e dalle prospettive quindi ampiamente positive. Per capirci:

Dall’altra è importante però considerare anche che sussistono rischi difficilmente quantificabili, come ad esempio quello regolamentare, impliciti in un investimento sulla Borsa cinese.
Fanno riflettere queste dichiarazioni da parte di Niall Coffey, di Avoca Global Advisors, che evidenziano come ai gestori non sia permesso esprimere giudizi negativi in merito alla stessa Cina: “‘We’re not allowed to comment negatively on anything about China.’ They can’t comment on LinkedIn; some are afraid to even ‘like’ the paper.”
Illuminante, a tal proposito, l’ultimo articolo di Jeff Sommer in questo articolo del New York Times: “Invest in China, but without Illusions“:
Quindi, certamente la Cina merita un suo posto all’interno di una logica di diversificazione di portafoglio, come consiglia lo stesso Ray Dalio:
https://seekingalpha.com/news/3722877-ray-dalio-says-china-should-remain-a-part-of-portfolios
“As for investing, as I see it the American and Chinese systems and markets both have opportunities and risks and are likely to compete with each other and diversify each other,” Dalio concludes. “Hence they both should be considered as important parts of one’s portfolio.”
Occhio però a non fare scommesse unilaterali, o assumere concentrazioni eccessive di rischio, quando parliamo in Cina, inseguendo convinzioni e credenze. Il rischio è poi quello di farsi male.
Già acquistare infatti un fondo azionario dedicato ai paesi emergenti significa esporsi indirettamente per buona parte sulla Cina; inserire poi una posizione dedicata, a parte, comporterebbe quindi una concentrazione importante di rischio Cina in portafoglio.

Ultimo aggiornamento: 12/01/2022